Coperta dell’Evangelario di Teodolinda, fine VI-inizio VII secolo, Monza, Museo e Tesoro del Duomo.
Teodolinda, moglie di Agilulfo, si dimostrò una regina particolarmente “illuminata”. Spinse il suo popolo all’integrazione favorendone la conversione dalla religione ariana a quella cattolica.
Grande amante del bello si rivelò una proficua mecenate soprattutto per la città di Monza. Donò, infatti, questo prezioso libro contenente i quattro vangeli alla basilica di San Giovanni Battista.
La coperta è composta da un supporto ligneo ricoperto da lamine d’oro. Qui le tecniche e lo stile dei longobardi si fondono con la sintassi classica che il popolo germanico finì per ammirare e tentare di emulare. Bordata da una cornice perimetrale a motivi astratti di matrice longobarda, presenta una croce gemmata realizzata con tecnica cloisonné ( tecnica orafa di incastonatura. Sul metallo vengono realizzati degli alveoli in cui sono inserite pietre semi-preziose o paste vitree) che divide la superficie in quattro settori. In ognuno di essi è presente un motivo a “L” in cui trovano posto dei cammei romani di reimpiego.
Quasi ogni singolo elemento trasuda un esplicito linguaggio barbarico, ma l’impaginazione o l’organizzazione spaziale, come dir si voglia, ricerca e realizza un’armonia ed un equilibio d’impostazione classica. I longobardi abbandonano l’asimmetria ed il caos che li caratterizza per avvicinarsi alla cultura dominante che inveitabilmente li ha conquistati