L’inaspettato e la scoperta, per fortuna, fanno parte della vita. Ciò a cui pensavo mentre percorrevo la strada verso il monastero era che avrei visto i consueti ambienti conventuali, un po’ meccanicamente e con l’annoiata sensazione del déjà vu. Fin dal principio la catena prevedibile è stata spezzata dall’ incontro con la panchina avvolta nell’ albero frondoso ed aghiforme, dal ciliegio in fiore e dalla vocina flebile e tremolante del citofono.
Viene ad aprirci il portone una monachina ottuagenaria, paffutella ed intabarrata in uno spesso strato di scialli merlettati che ci conduce, con occhi vacui ed inespressivi, nei pochi ambienti consentiti alla visita. Il tono monocorde, privo di qualsiasi partecipazione emotiva, c’informa: – “Siete entrati in un convento di clausura”, poi la processione continua verso il coro, separato da una grata dalla chiesa pubblica, con stalli lignei intarsiati dove le monache intonano canti gregoriani. Poi, stupore e meraviglia, il sipario si apre sugli affreschi di scuola giottesca. La bocca si apre e gli occhi s’imbambolano: storie della vita di Gesù e Maria raccontati con straordinario pathos e originalità. Gesù che sale da solo sulla croce per una scala a pioli, il bimbo Gesù, in braccio al padre, che si protende provando a rifugiarsi nel caldo seno materno, la testa del Battista al cospetto di Salomè ed Erode e, ancora, Gesù che libera Adamo dal Limbo.
Infine, l’incatesimo si spezza nello shop: la candida, eterea ed innocente vecchina non mi delude. Da monaca ascetica ed angelica si tramuta in capace e convincente top manager del marketing!
Fatima Giordano
Il tuo racconto riesce con tanto calore e poesia a farci “vedere” la panchina, il ciliegio, il silenzio ma soprattutto la bellezza di uno dei luoghi piú suggestivi di Ferrara.