Passeggiare liberamente per Amsterdam è stato uno dei piaceri inaspettati dell’estate. Alcune mete, certamente, erano tappe obbligate, come per esempio dare concretezza e colore al famosissimo quartiere a luci rosse. La mia immaginazione aveva dato per scontato che le “bellezze” di quel luogo si esaurissero nelle vetrine a fronte strada, ma la passione per le dimore storiche di mia figlia ha aperto un nuovo varco di stupore e ammirazione.
Su di un canale del XVII secolo ci siamo imbattuti in una dimora di sapore storico, ma anche familiare. Essa ci racconta una storia certo non troppo originale, ma non per questo meno affascinante. Si tratta dell’ascesa economica e sociale di un ex garzone di fornaio che proveniva dalla Germania: Jan Hartman. Il mercante riuscì nella nuova città, lontano dalla propria terra ad acquistare una dimora per sé, la sua sposa ed i cinque figli. Correva l’anno 1661.
Nel giro di un paio d’anni avviò una ristrutturazione radicale che prevedeva anche l’acquisto di altre due case allineate alla prima.
Girare per le varie stanze dell’appartamento, salire e scendere sulle scricchiolanti scale in legno ci ha fatto entrare in contatto con le persone che l’abitavano. Era facile immaginare il mercante che riceveva nel suo lussuoso salotto i clienti. Vederlo compiacersi dello stupore che si leggeva in essi per lo sfarzo e il lusso degli arredi e delle suppellettili. Come assaggiare il sapore d’intimità nella cucina, anch’essa estremamente curata nei dettagli, corredata di una latrina e dell’unica fonte d’acqua della casa. E’ stata una sorpresa apprendere che l’acqua serviva esclusivamente per i servizi e non per essere bevuta poiché insalubre. Gli olandesi dell’epoca si dissetavano con la birra proprio per non incorrere in malattie. Come inaspettata l’usanza dei letti nascosti negli armadi e di piccole dimensioni; ciò non solo per l’altezza media piuttosto esigua, ma poiché dormivano semiseduti. Era convinzione diffusa che lo stare stesi facesse confluire il sangue al cervello e provocare la morte.
Hartman era un uomo profondamente cattolico e, a quel tempo, in Olanda, imperversava il Calvinismo. Guglielmo d’Orange, però, si mostrava tollerante e permetteva ai cattolici di officiare la messa nelle chiese a patto che queste fossero nascoste alla vista. Fu così che Hartman, ingegnosamente e generosamente, diede vita alla sua più grande impresa, fece unire i tre piani più alti delle sue proprietà grazie alla rimozione di gran parte dei pavimenti dell’ultimo e del penultimo piano; in tal modo venne ricavato un ampio ambiente, che ancora oggi, costituisce la navata della chiesa, con due ordini di balconate disposte intorno a esso. Tale chiesa, definita “Nostro Signore sotto il tetto”, conserva ancora gli arredi dell’epoca e il famoso colore viola caput mortuum che in realtà è un rosa tendente allo scuro.
Hartman non lasciò nulla al caso, concesse le due case sul vicolo e la chiesa in affitto al sacerdote Petrus Parmentier a cui il mercante forniva anche il vino necessario per la funzione religiosa.
Tutto, in quella dimora, ci parla della vita del mercante, ci fa appassionare, attraversare il tempo e vivere la realtà di un Olanda così fervida e viva che ha saputo plasmare una città e rendere tutti i cittadini parte integrante di essa.